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Visite mediche di controllo ed obbligo di tempestiva comunicazione dell'allontanamento all'organo di controllo.

Corte di Cassazione, sentenza 15766 del 2002.

 

Un lavoratore esponeva quanto segue: egli, dipendente della Telecom, si era ammalato in data 16 agosto 1995 ed il medico curante gli aveva prescritto una prognosi fino al 31 agosto 1995; mentre stava trascorrendo tale periodo di malattia nella sua abitazione secondaria di S. Venerina, un violento temporale, abbattutosi sulla zona il 30 agosto 1995, lo aveva costretto, per ragioni di salute e di prudenza, ad abbandonare la precaria abitazione di campagna ed a fare pronto ritorno a Catania; di ciò aveva avvertito la Telecom (nella persona di un collega impiegato) sia telefonicamente nella mattinata dello stessa 30 agosto 1995 che con raccomandata, pure spedita il 30 agosto 1995 (ricevuta il 31 agosto 1995); tale comportamento non era stato sufficiente, però, ad evitare che un medico fiscale si recasse inutilmente, nel pomeriggio del 31 agosto 1995, nell'abitazione del lavoratore di S.Venerina; egli, tuttavia, appena venuto a conoscenza di tale circostanza (cioè che un medico inviato dall'INPS lo aveva cercato nell'abitazione di S. Venerina), aveva prontamente comunicato all'INPS, con raccomandata del 5 settembre 1995, le ragioni per le quali non era stato trovato sul posto dal medico fiscale; ciò nonostante l'INPS gli aveva comminato la sanzione della perdita della indennità di malattia (recuperata presso la Telecom).

Il lavoratore con ricorso giudiziario chiedeva al Pretore di dare atto che egli aveva diritto di ricevere dall'INPS l’indennità di malattia.

In primo grado ed in sede di appello, la domanda del lavoratore veniva accolta.

Per la cassazione di tale sentenza l’INPS proponeva ricorso che è stato accolto dalla Suprema Corte.

Dall'articolo 5 del decreto legge 463/1983 discende per il lavoratore l'obbligo di consentire un controllo effettuato secondo modalità predeterminate.

Con la sentenza 78/1988 la Corte Costituzionale ha affermato che l'onere della reperibilità alla visita medica di controllo, posto a carico del lavoratore, è estrinsecazione della doverosa cooperazione che egli deve prestare affinché siano realizzate le condizioni richieste per l'erogazione del trattamento di malattia, e non contrasta con la natura pubblicistica del rapporto assicurativo, anche in quanto può essere fornita con un minimo di diligenza e di disponibilità, atteso l'ambito molto limitato delle fasce orarie di reperibilità. La stessa Corte Costituzionale ha aggiunto che la decadenza dal trattamento economico di malattia è diretta a garantire la necessaria efficienza del funzionamento del sistema assicurativo ed il corretto espletamento della funzione previdenziale nonché a realizzare la finalità di evitare abusi e pone rimedio al pericolo di danni che l'ingiustificato comportamento del lavoratore, valutato nella sua dimensione sociale, può arrecare all'interesse pubblico essenziale alla corretta ed economica gestione dell'assicurazione sociale e cioè al sistema previdenziale nonché al sistema economico nel suo complesso.

Il dovere di cooperazione risponde sia all'esigenza di fondo, condivisa anche dall'articolo 38 della Costituzione, di garantire funzionalità ad un apparato istituzionalmente diretto ad assicurare interventi di natura previdenziale a tutti i lavoratori in stato di bisogno, sia al principio generale di correttezza e buona fede.

L'obbligo di consentire il controllo si inquadra pertanto in un generale obbligo di cooperazione, a sua volta espressione d'un più generale obbligo di buona fede. La cooperazione presuppone un comportamento non negativo bensì positivo, e pertanto esige, ove necessario, anche un facere diretto alla stessa finalità del controllo: alla sua realizzazione ed ad evitarne l'inutile svolgimento.

Questa cooperazione, letta con il parametro della buona fede, non può ovviamente condurre ad obblighi onerosi bensì ad un obbligo di diligenza ragionevole e proporzionata alla situazione tutelata (ed alla stessa condizione di malattia che ne è il presupposto): e si risolve nella disponibilità al controllo.

E tuttavia, nell'ambito di questa ragionevole dimensione, si esige da un canto la permanenza nel domicilio nel limitato tempo delle fasce orarie (per sottoporsi al controllo); l'allontanamento dal domicilio presuppone la necessità di non essere presente nel tempo precostituito per il controllo: poiché la differibilità dell'allontanamento esclude questa necessità e consente la disponibilità al controllo, solo l'indifferibilità giustifica l'allontanamento.

D'altro canto, si esige che dell'allontanamento si dia tempestiva comunicazione agli organi di controllo: l'aspetto positivo della cooperazione si risolve in questa comunicazione. E l'inadempimento dell'obbligo di cooperazione esige la prova della relativa impossibilità.

Nel caso affrontato, il Giudice ha giustificato l'allontanamento del lavoratore dalla abitazione di S. Venerina, ma per quanto attiene all'esigenza della comunicazione agli organi di controllo, non solo non ne ha accertato l'impossibilità ma ha, per di più, ritenuto erroneamente che la comunicazione stessa non fosse necessaria, apparendo sufficiente la comunicazione effettuata al datore di lavoro.

La Suprema Corta ha, pertanto, indicato il seguente principio: l'allontanamento dall'abitazione indicata come luogo di permanenza durante la malattia è giustificato ove sia tempestivamente comunicato agli organi di controllo e, qualora la comunicazione sia stata omessa o sia tardiva, sempre che tale omissione o ritardo sia a sua volta giustificato.

8 maggio 2020

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