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Possibilità di revoca dell’auto aziendale.

Corte di Cassazione, sentenza 11538 del 2019.

La Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la decisione con la quale il Tribunale di Cosenza aveva respinto la domanda proposta da un dipendente nei confronti della società datrice di lavoro, volta a ottenere la condanna alla riconsegna dell'auto aziendale, che il lavoratore assumeva essergli stata concessa ad uso promiscuo, quale fringe benefit di natura retributiva  e di cui successivamente era stato privato.

La Corte di Appello ha rilevato che l'assegnazione dell'auto era avvenuta secondo le modalità stabilite dal Regolamento aziendale, sottoscritta dal lavoratore per accettazione, e che, pertanto, alla stregua del predetto Regolamento, essa era da intendersi disposta ad esclusivo interesse dell'azienda, così da poter essere revocata dalla datrice di lavoro in qualsiasi momento e senza preavviso, senza diritto per il dipendente ad alcun indennizzo o compenso sostitutivo e con addebito in busta paga del costo relativo all'uso personale dell'autoveicolo.

La Corte di Appello ha poi osservato che l'uso così regolamentato dell'autovettura aziendale, in quanto rispondente all'interesse della datrice di lavoro e oneroso per il dipendente, non era tale da integrare un compenso in natura che potesse trovare la sua causa nel sinallagma contrattuale; né d'altra parte poteva ritenersi che l'uso fosse stato concesso senza oneri per il dipendente sulla base della circostanza che, da un certo momento, nelle buste paghe non risultava effettuata la trattenuta relativa all'autovettura, trattandosi di dato da solo insufficiente a dimostrare, in maniera univoca e certa, la comune volontà delle parti di mutare il titolo del godimento come originariamente pattuito in conformità del citato regolamento aziendale.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore. Quest’ultimo ha censurato la sentenza della Corte di Appello per avere erroneamente considerato le clausole regolamentari quale fonte integrativa della disciplina contrattuale del beneficio e per avere, inoltre, ritenuto valide dette pattuizioni nonostante la norma di cui all'articolo 51 Testo Unico delle Imposte sui Redditi, che include nel reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti dal dipendente nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso rilevando, tra l’altro, che a fronte dell'accertamento circa l'onerosità dell'uso dell'autovettura aziendale per il dipendente, è inconferente il richiamo alle norme del T.U.I.R. e alla nullità comporterebbe per le disposizioni regolamentari applicate nel caso concreto, non configurandosi, nel caso affrontato, alcun compenso connesso al sinallagma contrattuale.

30 ottobre 2020

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