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Nozione di luogo di lavoro per le misure antinfortunistiche.

Corte di Cassazione, Sezione Penale, sentenza 44654 del 2022.

La Corte di appello di Roma confermava la responsabilità penale accertata nei confronti di due soggetti, nelle rispettive qualità di legale rappresentante di una società datrice di lavoro e di datore di lavoro di fatto, per il reato di omicidio colposo ai danni di un lavoratore deceduto in conseguenza dell'infortunio nel corso di lavori di ristrutturazione della copertura di un capannone industriale.

Il giorno dell'infortunio era stato chiesto al lavoratore di andare nel cantiere per verificare l'idoneità del carrello elevatore, senza dargli i necessari dispositivi di sicurezza, nella consapevolezza della mancanza di un POS e di una corretta ed esaustiva formazione del lavoratore. Quest’ultimo, nel corso dell'attività, cadeva da circa 8 metri all'interno del capannone, riportando lesioni che ne causavano il decesso.

Gli imputati hanno proposto separati ricorsi per cassazioni respinti dalla Suprema Corte.

Le evidenze raccolte hanno dimostrato che, sia pur di fatto, il cantiere fosse stato operativo già al momento dell’infortunio. Può essere valorizzata la presenza di ben tre operai e delle macchine noleggiate, sebbene il relativo contratto dovesse iniziare cinque giorni dopo. L'attività da svolgersi quel giorno consisteva nella verifica della idoneità delle macchine, ossia della sufficiente estensione del cestello, implicando al contempo di raggiungere il tetto e di utilizzare il carrello. Uno degli imputati era stato ben consapevole di ciò in quanto presente in cantiere, tanto da avere raccomandato al lavoratore di stare attento, pur non avendo fornito ai lavoratori alcun presidio di sicurezza, neppure individuale (casco, imbracatura, cintura di sicurezza).

Pertanto, il giorno dell'infortunio in quel luogo si era svolta attività edilizia, implicante lavoro in quota, pur se preliminare alla sostituzione del tetto del capannone.

Nella nozione di luogo di lavoro, rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra infatti ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa, finalità che possono essere sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro e ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività.

In tale ampia nozione rientra l'area di lavoro nella quale insisteva il capannone che costituiva oggetto dell'intervento edile svolto in economia dalla società coinvolta nella vicenda. La vittima, direttamente incaricata da uno degli imputati, avrebbe dovuto eseguire un'attività propedeutica alla successiva sostituzione della copertura, verificando, mediante uso del cestello elevatore e accesso sulla copertura stessa, la sufficiente capacità di estensione del macchinario già consegnato al cantiere, sebbene in forza di un contratto di noleggio che avrebbe avuto inizio giorni dopo.

La lavorazione (e, quindi, anche l'attività ad essa propedeutica) era pertinente a un capannone di proprietà della società e l'incarico, evidentemente funzionale all'attività lavorativa svolta da quella società, era stato affidato proprio ad uno degli imputati alla vittima. In tal modo, il legale rappresentante della società e il datore di lavoro di fatto hanno certamente assunto la gestione dei rischi relativi al campo di lavoro, peraltro collocato in quota, stanti le caratteristiche del manufatto della cui copertura si trattava e del mezzo da impiegarsi per eseguire l'opera da rimuovere; gli stessi strumenti erano stati messi a disposizione dal datore di lavoro e, tra questi, il macchinario noleggiato, a prescindere dalla decorrenza del relativo contratto, stante la disponibilità di esso il giorno dell'infortunio.

16 marzo 2023

 

 

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