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Licenziamento per scarso rendimento: necessaria la prova della condotta negligente.

Corte di Cassazione, sentenza 18317 del 2016.

Il Tribunale di Palermo accoglieva il ricorso presentato da un lavoratore che era stato licenziato per scarso rendimento.

La Corte d'Appello confermava l'illegittimità del licenziamento.

Della controversia veniva investita la Corte di Cassazione.

Nel licenziamento per scarso rendimento, rientrante nel tipo di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, il datore di lavoro, a cui spetta l’onere della prova, non può limitarsi a provare solo il mancato raggiungimento del risultato atteso o l’oggettiva sua esigibilità, ma deve anche provare che la causa di esso derivi da colpevole e negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nell’espletamento della sua normale prestazione. Nella valutazione dei fatti, deve tenersi conto del grado di diligenza normalmente richiesto per la prestazione lavorativa e di quello effettivamente usato dal lavoratore, nonché dell’incidenza della organizzazione complessiva del lavoro nell’impresa e dei fattori socio-ambientali.

E’ legittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento solo qualora si possa provare, sulla scorta della valutazione complessiva dell'attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente a lui imputabile. Deve essere riscontrabile una consistente sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, avuto riguardo al confronto dei risultanti dati globali riferito ad una media di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione.

Nella caso affrontato, la Cassazione ha rilevato che il datore di lavoro aveva omesso di specificare quale fosse lo standard produttivo inizialmente concordato con il lavoratore, non aveva documentato quale fosse il grado di efficienza dei colleghi e non aveva dimostrato che l’asserita contrazione delle vendite fosse in alcun modo imputabile alla inottemperanza degli obblighi contrattuali da parte del dipendente.

La Corte, quindi, ha confermato la illegittimità del licenziamento.

 

11 novembre 2016

 

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