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Licenziamento del dirigente di azienda ospedaliera che svolge attività libero professionale intramuraria senza rispetto dell’orario autorizzato.

Corte di Cassazione, sentenza 6099 del 2017.

La Corte di Appello di Torino dichiarava legittimo il licenziamento per giusta causa intimato dalla azienda sanitaria ad un dirigente medico.

Il lavoratore, titolare di incarico di direzione di struttura complessa, era stato autorizzato ad espletare attività libero professionale intramuraria in specifiche fasce orarie. L'Azienda aveva contestato al dirigente la sovrapposizione dell’attività svolta in orario di libera professione con l’orario dell’attività di servizio nonché il mancato rispetto dell’orario autorizzato e, all’esito del procedimento disciplinare, aveva intimato il licenziamento per falsa attestazione della presenza in servizio mediante alterazione dei sistemi di rilevamento o con altre modalità fraudolente.

Il dirigente medico proponeva ricorso per cassazione.

La disposizione che regolamente la ipotesi di falsa attestazione della presenza in servizio ha l'obiettivo del potenziamento del livello di efficienza degli uffici pubblici e di contrastare i fenomeni di scarsa produttività e di assenteismo. La registrazione effettuata attraverso l’utilizzo del sistema di rilevazione della presenza sul luogo di lavoro è corretta e non falsa solo se nell’intervallo compreso tra le timbrature in entrata e in uscita il lavoratore è effettivamente presente in ufficio, mentre è falsa e fraudolentemente attestata nei casi in cui miri a far emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio.

La condotta che si compendia nell’allontanamento dal luogo di lavoro senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza economicamente apprezzabili è, infatti, idonea oggettivamente a indurre in errore l’amministrazione di appartenenza circa la presenza su luogo di lavoro.

A conforto di questa ricostruzione vi è la norma introdotta con il D.Lgs. 116/2016 ovvero l'articolo 55 quater comma 1 bis del D.Lgs. 165/2011 secondo cui costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso.

Secondo la Suprema Corte, correttamente si è ritenuto che nel caso affrontato ricorresse l’ipotesi di falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolente, perché il dirigente, pur risultando continuativamente in servizio, di fatto si allontanava negli orari di visita presso la struttura convenzionata, senza procedere alla timbratura della scheda magnetica, così attestando falsamente la propria presenza sul luogo di lavoro.

Le deduzioni svolte dalla difesa del ricorrente in merito alla assenza di frode non sono state ritenute rilevanti, perché, dopo avere ritenuto provata la materialità della condotta, è stata esclusa la buona fede del dirigente. La valutazione inerente la gravità della condotta ha anche valorizzato il ruolo apicale dall'interessato che, in quanto preposto alla direzione della struttura complessa, era tenuto garantire il rispetto delle procedure imposte per la attestazione dell’orario di servizio e a segnalare eventuali abusi o omissioni nei riscontri documentali.

E' stato, poi, evidenziato che la prestazione di attività libero professionale in orari diversi da quelli autorizzati era di per sé lesiva degli interessi dell’azienda sanitaria perchè l'autorizzazione teneva conto delle esigenze organizzative della struttura diretta.

La Corte di Cassazione ha rigettato, dunque, il ricorso del dirigente condannandolo al pagamento di oltre 5000 euro di spese legali.

 

16 maggio 2017

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