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Licenziamenti: obbligo per il datore di comunicare la conciliazione

Ministero del Lavoro, nota 2788 del 2015.

Il Decreto Legislativo 23/2015 introduce un nuovo istituto di conciliazione per la risoluzione stragiudiziale delle controversie sui licenziamenti illegittimi, che consente al datore di lavoro di offrire una somma predeterminata in modo certo al lavoratore in cambio della rinuncia alla impugnazione del licenziamento, somma che per il lavoratore non rientra nel reddito imponibile ai fini fiscali. La norma si applica ai lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato a tutele crescenti ed anche per quelli assunti in precedenza nelle aziende che dopo l’entrata in vigore del decreto delegato supereranno la soglia dei 15 dipendenti.
Il Ministero del Lavoro ha emanato il provvedimento con cui viene resa operativa la comunicazione obbligatoria in caso di intervenuta conciliazione a posteriore di un licenziamento comminato ad un lavoratore assunto con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.
La comunicazione, prevista dal Decreto Legislativo 23/2015, dovrà essere effettuata, entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, qualora si proceda ad attivare la procedura conciliativa facoltativa prevista dallo stesso articolo 6, per: lavoratori assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015; lavoratori trasformati da un rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015; lavoratori qualificati da un rapporto di apprendistato 7 marzo 2015; lavoratori presenti in aziende che dal 7 marzo 2015 hanno superato la soglia dei 15 dipendenti.
La procedura comunicativa è obbligatoria dal giugno 2015, data di attivazione del sistema informatico. Per effettuare tale comunicazione, i datori di lavoro dovranno registrarsi al portale cliclavoro e accedere all’applicazione inserendo il codice di comunicazione rilasciato al momento della comunicazione di cessazione. Questo dato serve a collegare l’offerta di conciliazione al rapporto di lavoro cessato.
L’omessa comunicazione integrativa prevede una sanzione amministrativa da 100 a 500 euro, per ogni lavoratore interessato. 

08/06/2015

 

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