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La prestazione lavorativa che supera di gran lunga i limiti previsti cagiona al lavoratore un danno da usura psico-fisica.

Corte di Cassazione, sentenza 26450 del 2021.

La Cassazione ha rigettato il ricorso di una società avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino che, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, aveva condannato la società al pagamento in favore del lavoratore di maggiorazioni retributive e risarcimento danno per lavoro straordinario prestato oltre il limite massimo previsto dalla legge e dal contratto collettivo.

La società ha proposto ricorso per cassazione denunciando che il giudice di seconda istanza sia pervenuto al riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a prestazioni lavorative rese oltre i limiti di legge e di contratto in assenza di qualsivoglia allegazione e prova della natura ed esistenza del danno lamentato, della sua entità e del nesso causale dell’asserito danno con la vicenda lavorativa.

La Corte di Cassazione ha ribadito, invece, che la prestazione lavorativa eccedente, che supera di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e si protrae per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da usura psico-fisica di natura non patrimoniale, la cui esistenza è presunta in quanto lesione del diritto garantito dall’articolo 36 della Costituzione.

La Suprema Corte non ha ravvisato alcun difetto di allegazione e prova nel caso affrontato, essendo stati prospettati dal lavoratore nei gradi di merito sia il numero delle ore straordinarie svolte che il periodo di riferimento, elementi dai quali la Corte territoriale, con argomentazioni congruamente motivate, ha rilevato la abnormità della prestazione eseguita e, quindi, tale di per sé da compromettere l’integrità psico-fisica e la vita di relazione del lavoratore.

28 gennaio 2022

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