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L'azione del Fondo di garanzia trova ingresso quando il datore di lavoro non è assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni soggettive vuoi per ragioni ostative di carattere oggettivo. Vittoria in Tribunale per lo Studio Legale Carozza.

Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sentenza 1432 del 2020.

Un lavoratore alle dipendenze della SACE, società che aveva gestito il servizio di igiene urbana presso il Comune di Caserta, alla cessazione del rapporto rimaneva creditore del trattamento di fine rapporto.

Con l’assistenza dell’avvocato Domenico Carozza, il lavoratore proponeva ricorso con cui chiedeva di accertare il proprio diritto ad accedere al Fondo di garanzia con condanna dell’INPS al pagamento del TFR.

Il Tribunale ha accolto il ricorso.

Il Fondo di garanzia è stato istituito con la legge 297/1982 per il pagamento del TFR in sostituzione del datore di lavoro insolvente. Con il decreto legislativo 80/1982 il Fondo interviene anche per le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto.

Per il datore di lavoro soggetto alle procedure concorsuali, i requisiti per l’intervento del Fondo sono: la cessazione del rapporto di lavoro subordinato; l’accertamento dello stato d’insolvenza e l’apertura di una procedura concorsuale di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa o di amministrazione straordinaria; l’accertamento dell’esistenza del credito a titolo di TFR e/o delle ultime tre mensilità.

Nell’ipotesi di datore di lavoro non soggetto alle procedure concorsuali i requisiti per l’intervento del Fondo sono: la cessazione del rapporto di lavoro subordinato; l’inapplicabilità al datore di lavoro delle procedure concorsuali; l’esistenza del credito per TFR rimasto insoluto; l’insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro a seguito dell'esecuzione forzata. Il requisito si realizza quando il lavoratore provi di aver tentato di realizzare il proprio credito in modo serio e adeguato ricercando, con la normale diligenza, i beni del datore di lavoro nei luoghi ricollegabili alla persona dello stesso.

La dichiarazione di insolvenza e la verifica sulla esistenza e misura del credito in sede fallimentare fungono da presupposti del diritto verso il Fondo di garanzia. Solo nel caso in cui l'imprenditore non sia assoggettabile alla procedura concorsuale, è possibile l'intervento del Fondo a patto che il lavoratore dimostri, attraverso l'esperimento di un'azione esecutiva, che deve conformarsi all'ordinaria diligenza e che sia esercitata in modo serio e adeguato, l'insufficienza totale o parziale delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro inadempiente.

L'azione della legge 297/1982 trova ingresso quante volte il datore di lavoro non sia assoggettato a fallimento, vuoi per le sue condizioni soggettive (ad esempio, piccolo imprenditore) vuoi per ragioni ostative di carattere oggettivo (ad esempio, trattandosi di ditta individuale cessata da oltre un anno).

Il lavoratore, il cui credito non sia stato accertato in sede fallimentare e che richieda le prestazioni del Fondo, è onerato di provare di avere agito un serio e adeguato esperimento dell'esecuzione forzata. L’onere dell’assicurato è di tentare una procedura esecutiva, ricercando i beni nei luoghi ricollegabili alla persona del datore di lavoro debitore principale e, ma solo ove risulti la concreta possibilità di ulteriori forme di esecuzione, di esperire tutte quelle che, secondo l'ordinaria diligenza, si prospettino fruttuose. Il lavoratore non è tenuto ad esperire azioni esecutive che appaiano infruttuose o aleatorie quando, per queste ultime, i costi certi superino i benefici futuri, valutati secondo un criterio di probabilità, ed essendo inoltre ammesso a provare che la mancanza o l'insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore risultino comunque dimostrate in relazione alle particolari circostanze del caso concreto.

Nel caso affrontato, sono stati provati la reiezione dell’istanza di fallimento e l’ammontare del credito accertato con sentenza.

Il Tribunale aveva rigettato l’istanza di fallimento due volte in quanto la società non si trovava in uno stato di insolvenza poiché risultava, nel suo patrimonio, un attivo superiore al passivo

Successivamente è stato esperito un pignoramento mobiliare con esito negativo.

Il lavoratore aveva, inoltre, ottenuto, dal Giudice dell’esecuzione, ordinanza di assegnazione delle somme delle somme a carico del terzo pignorato Comune di Caserta, debitore della SACE senza, tuttavia, senza ricevere alcunché stante lo stato di dissesto dell’Ente.

Il lavoratore ha anche depositato visura ipotecaria dalla quale risulta che la società è titolare di due immobili: entrambe sottoposti ad ipoteche e pignoramenti immobiliari. Tenuto conto della consistenza e della natura di tali beni e dell’ipoteca legale gravante, una procedura immobiliare, risulterebbe inutilmente dispendiosa e con molta probabilità infruttuosa. Con ogni probabilità, invero, i costi del pignoramento immobiliare sarebbero superiori rispetto ai benefici.

18 giugno 2020

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