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Infortunio in itinere durante un viaggio di lavoro.

Corte di Cassazione, sentenza 5814 del 2022.

La Corte di Appello di L'Aquila aveva rigettato la domanda degli eredi di un lavoratore volta ad ottenere la rendita ai superstiti dall’INAIL.

Il decesso del lavoratore era avvenuto mentre il lavoratore era in viaggio di lavoro a causa di una situazione di forte stress a seguito della cancellazione di un volo aereo per maltempo che lo aveva costretto ad una lunga attesa in aeroporto, ad un pernottamento di fortuna in un albergo e ad un successivo viaggio in treno di oltre 700 km, ove aveva dovuto subito partecipare ad un'importante riunione, con un periodo di veglia di quasi ventiquattro ore consecutive.

La Corte di Appello aveva giudicato infondata la domanda, rilevando che l'evento denunciato non fosse collegato alla prestazione lavorativa in sé ma derivasse dalla esposizione ad un rischio generico (cancellazione del volo per maltempo e quanto poi ne era conseguito) cui possono essere esposti, in modo indifferenziato, tutti coloro che viaggiano in aereo. Per la Corte di Appello, l'arresto cardiocircolatorio non poteva dirsi in rapporto di derivazione eziologica con l'attività di lavoro, giudicata quale mera occasione e non causa dell'evento.

Avverso la decisione, hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi del lavoratore.

La Suprema Corte ha precisato che la tutela assicurativa gestita dall'INAIL è stata estesa all'infortunio che colpisce il lavoratore lungo il percorso che collega l'abitazione al lavoro e viceversa, escludendo qualsiasi rilevanza dell'entità del rischio o della tipologia della specifica attività lavorativa cui l'infortunato sia addetto.

La Corte di Cassazione ha giudicato errata la decisione della Corte di Appello che, escludendo per il caso di specie la configurabilità dell’infortunio in itinere, afferma che il rischio del lavoratore, integrato, in concreto, dalla cancellazione del volo e dagli eventi che ne sono susseguiti, con conseguente riduzione delle pause di riposo fisiologiche, risulta estraneo all'attività lavorativa.

Per la Suprema Corte, inoltre, la pronuncia di secondo grado non è condivisibile nella parte in cui esclude la deduzione di una causa violenta. La statuizione non considera, infatti, che può venire in rilievo, quale dedotta causa della morte del lavoratore, l'infarto che è da inquadrare nell'ambito della causa violenta. L'infarto, dunque, può configurare infortunio sul lavoro quando è eziologicamente collegato ad un fattore lavorativo. Anche lo stress psicologico e ambientale può integrare la causa violenta idonea a determinare con azione rapida e intensa la lesione.

La Suprema Corte ha, pertanto, ha accolto il ricorso degli eredi del lavoratore.

11 maggio 2022


 

 

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