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Incostituzionale l’art. 42 del decreto legislativo n. 151 del 2001, nella parte in cui non include, nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati

Corte Costituzionale, sentenza n. 203 del 2013.

L’art. 42 del decreto legislativo n. 151 del 2001 prevede che il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ha diritto a fruire del congedo di cui all’articolo 4 della legge n. 53 del 2000. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.
La questione di costituzionalità è stato sollevata durante un giudizio promosso da un assistente di Polizia penitenziaria, perché erano state rigettate le istanze di congedo straordinario per assistenza al proprio zio materno protutore del lavoratore fattosi carico del mantenimento del lavoratore medesimo in quanto orfano.
Il congedo straordinario,  previsto dalla legge n. 53 del 2000, ha permesso ai lavoratori dipendenti pubblici e privati la possibilità chiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, durante il quale il dipendente conserva il posto di lavoro, senza diritto alla retribuzione.
La legge n. 388 del 2000 ha introdotto la possibilità per i genitori, anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, per uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, di fruire del congedo percependo un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione.
Dalla previsione generale del congedo straordinario non retribuito, per gravi motivi familiari, è derivato un analogo, ma autonomo, congedo per l’assistenza a persone in situazione di handicap grave, assistito dal diritto di percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, nonché coperto da contribuzione figurativa e fruibile alternativamente da parte dei genitori (anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, da uno dei fratelli o delle sorelle conviventi) lavoratori, dipendenti pubblici o privati, i cui figli si trovassero in situazione di disabilità grave da almeno cinque anni.
A seguito del d.lgs. n. 151 del 2001, il beneficio è stato riconosciuto a prescindere dalla permanenza da almeno cinque anni della situazione di disabilità grave.
Il congedo straordinario per l’assistenza a persone portatrici di handicap grave, è stato più volte all’esame della Corte Costituzionale.
La Corte Costituzione ha dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui non prevedeva il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con un disabile grave di fruire del congedo straordinario, nell’ipotesi in cui i genitori fossero impossibilitati a provvedere all’assistenza del figlio affetto da handicap, perché totalmente inabili. E' stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione, nella parte in cui non includeva, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti già indicati dalla norma, il coniuge convivente della persona in situazione di disabilità grave. L’illegittimità costituzionale ha colpito la disposizione anche nella parte in cui non includeva nel novero dei soggetti beneficiari il figlio convivente, anche qualora questi fosse l’unico soggetto in grado di provvedere all’assistenza della persona affetta da handicap grave.
L’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001 ha definitivamente ampliato la platea dei soggetti a cui tale diritto è riconosciuto, individuando un rigido ordine gerarchico tra i possibili beneficiari.
Si sono consolidati nell'ordinamento giuridico italiano alcuni principi:
la cura della persona disabile in ambito familiare è in ogni caso preferibile;
la famiglia costituisce esperienza primaria delle relazioni di solidarietà interpersonale e intergenerazionale;
la tutela della salute psico-fisica del disabile invoca anche l’adozione di interventi economici integrativi di sostegno delle famiglie;
una tutela piena dei soggetti deboli richiede, oltre alle prestazioni sanitarie e di riabilitazione, anche la cura, l’inserimento sociale e la continuità delle relazioni.
Il legislatore ha già riconosciuto il ruolo dei parenti e degli affini entro il terzo grado proprio nell’assistenza ai disabili in condizioni di gravità, attribuendo loro il diritto a tre giorni di permessi retribuiti su base mensile, ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992.
La Corte Costituzionale ha, quindi, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42 del decreto legislativo n. 151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.

22/07/2013

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