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Incarichi dirigenziali per le posizioni organizzative del personale degli enti locali: la revoca prima della scadenza è illegittima se motivata sulla base del mero mutamento dell'organo investito del potere di nomina.

Corte di Cassazione, sentenza 9728 del 2017.

La Corte di Appello di Salerno respingeva la domanda proposta da un dipendente con qualifica di funzionario D6 di un Comune per la reintegrazione nella posizione apicale di Responsabile del settore tecnico lavori pubblici. Tale incarico era stato conferito con decreto del Commissario prefettizio e ne era stata comunicata la mancata conferma in occasione del rinnovo della nomina del Sindaco.

Il lavoratore promuoveva ricorso per cassazione.

In ordine agli incarichi dirigenziali, la Corte Costituzionale ha affermato, dichiarando la illegittimità costituzionale della legge 145/2002 che disponeva la cessazione degli incarichi di funzione dirigenziale generale decorsi 60 giorni dall'entrata in vigore della legge stessa, che il principio di continuità dell'azione amministrativa è strettamente correlato a quello del buon andamento dell'azione stessa, criterio che comporta per i dirigenti una valutazione fondata sui risultati da perseguire, nel rispetto degli indirizzi posti dal vertice politico. La previsione di un'anticipata cessazione ex lege dell'incarico dirigenziale deresponsabilizza il dirigente dall'assunzione dei risultati amministrativi e rende arbitraria l'adozione di poteri di rimozione causalmente giustificabili soltanto nell'ottica della rispondenza ad un pubblico superiore interesse e non certo alla circostanza transeunte del mutamento dell'organo investito del potere di nomina. La revoca delle funzioni legittimamente conferite ai dirigenti può, dunque, essere conseguenza soltanto di una accertata responsabilità dirigenziale, in presenza di determinati presupposti e all'esito di un procedimento di garanzia puntualmente disciplinato.

La successiva giurisprudenza costituzionale ha ribadito che i meccanismi di decadenza automatica, ove riferiti a figure dirigenziali non apicali, ovvero a titolari di uffici amministrativi per la cui scelta l'ordinamento non attribuisce rilievo esclusivo o prevalente al criterio della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell'organo che nomina, si pongono in contrasto con l'articolo 97 della Costituzione, in quanto pregiudicano la continuità dell'azione amministrativa, introducono in quest'ultima un elemento di parzialità, sottraggono al soggetto dichiarato decaduto dall'incarico le garanzie del giusto procedimento e svincolano la rimozione del dirigente dall'accertamento oggettivo dei risultati conseguiti.

Anche la Corte di Cassazione ha già affermato che il dirigente generale illegittimamente rimosso va reintegrato nell'incarico per il tempo residuo di durata, senza che rilevi l'indisponibilità del posto a seguito della riforma organizzativa dell'amministrazione.

Medesimi principi vanno affermati con riguardo alle posizioni organizzative, avendo riguardo all'articolo 15 del ccnl comparto enti locali 2002-2005 (che, negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale, individua nei Responsabili delle strutture apicali i titolari delle posizioni organizzative) nonché all'articolo 9 del ccnl comparto enti locali (che prevede che gli incarichi di posizioni organizzative possono essere revocati prima della scadenza con atto scritto e motivato, in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di specifico accertamento di risultati negativi). Invero, la revoca degli incarichi di posizioni organizzative viene ricollegata, dalle disposizioni contrattuali di settore, solamente alla presenza di determinati presupposti correlati alla modifica della struttura organizzativa dell'ente ovvero ad una valutazione negativa del risultato raggiunto, e non può essere disposta a seguito del mero rinnovo delle cariche politiche. Queste disposizioni perseguono quel principio di continuità dell'azione amministrativa che impediscono l'intervento di profili di arbitrarietà nell'adozione dei poteri di rimozione di questi incarichi, poteri giustificabili soltanto nell'ottica del buon andamento dell'azione amministrativa e non certo ricollegabili alla circostanza transeunte del mutamento dell'organo investito del potere di nomina.

Secondo la Cassazione, la Corte di Appello di Salerno non ha proceduto ad una corretta applicazione delle disposizioni legislative e negoziali che prevedono, nell'ambito degli enti locali, la revoca degli incarichi dirigenziali per determinati casi (correlati a profili disciplinari o al mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati) tra i quali non è compreso il mutamento dell'organo investito del potere di nomina. Il decreto del Sindaco del Comune è da considerarsi illegittimo in quanto motivato esclusivamente sulla base della decadenza ope legis degli incarichi dirigenziali a seguito del rinnovo delle cariche politiche. La revoca degli incarichi di posizioni organizzative nell'ambito degli enti locali può essere disposta sulla base degli specifici presupposti indicati dal ccnl ed è illegittima se comunicata in considerazione del mero mutamento dell'organo investito del potere di nomina.

 

28 settembre 2017

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