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In materia di tutela antinfortunistica la responsabilità del datore di lavoro deve tenere conto dell'omessa predisposizione delle misure atte a preservare la salute del lavoratore avendo riguardo del concreto lavoro svolto.

Corte di Cassazione, sentenza 17576 del 2021.

La Cassazione ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia che aveva accolto il gravame proposto da un lavoratore avverso la pronuncia del Tribunale di Brescia, condannando la società datrice di lavoro al risarcimento dei danni derivati da un infortunio occorso durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.

In particolare, i giudici di seconda istanza hanno sottolineato che non vi è prova alcuna della sussistenza nella condotta del lavoratore di elementi tali da determinare l'esonero della responsabilità del datore di lavoro. La manovra del lavoratore, addetto ad una macchina automatica, da cui erano derivati, oltre ad un periodo di inabilità temporanea, gravi postumi permanenti, era destinata a permettere la ripresa della produzione interrotta per un problema della stessa macchina. La Corte di Appello, inoltre, ha evidenziato che è mancata del tutto la prova di un'adeguata formazione.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società assicurativa obbligata a garantire il datore di lavoro, che ha denunciato, in ordine all’articolo 2087 del Codice civile, la corretta applicazione degli obblighi in capo alla società datrice di lavoro in materia di sicurezza.

La Corte di Cassazione ha osservato preliminarmente che la responsabilità dell'imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità psico-fisica del lavoratore discende o da norme specifiche o dall'articolo 2087 del codice civile, che costituisce norma di chiusura del sistema antinfortunistico che impone all'imprenditore l'obbligo di adottare tutte le misure che, avuto riguardo alla particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, siano necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica dei lavoratori. Da ciò deriva che la responsabilità del datore di lavoro non può essere circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, ma deve ritenersi volta a sanzionare l'omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psico-fisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale, del concreto tipo di lavorazione e del connesso rischio.

La violazione divieto di ledere l'altrui diritto può consistere anche in un comportamento omissivo, con la conseguenza che l'obbligo giuridico di impedire l'evento pregiudizievole può discendere anche da una specifica situazione che esiga una determinata attività a tutela di un diritto altrui, imputando la responsabilità dell’evento dannoso al soggetto che, pur consapevole del pericolo cui è esposto l'altrui diritto, ometta di intervenire per impedire l’evento.

La Corte di Cassazione ha osservato che, nel caso affrontato, l’onere della prova gravava sul datore di lavoro, che avrebbe dovuto dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno attraverso l'adozione di cautele previste in via generale e specifica dalle norme antinfortunistiche. La Suprema Corte ha giudicato corretta la statuizione dei giudici di secondo grado, che hanno escluso qualsiasi comportamento abnorme da parte del lavoratore, che abbia potuto concorrere alla causazione dell'infortunio. È stata convalidata, dunque, la sussistenza del nesso causale tra l’infortunio e l'attività svolta dal lavoratore in un ambiente in cui, per la pericolosità della macchina automatica a cui era destinato dopo solo un giorno di formazione, era altamente probabile che, non adottando ogni cautela, si verificassero eventi dannosi.

4 novembre 2021

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