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Il diritto del dipendente a ricevere il TFR sorge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro e il datore di lavoro non può procrastinarne il pagamento.

Corte di Cassazione, sentenza 1040 del 2002.

Con ricorso giudiziario un lavoratore chiedeva al datore di lavoro il pagamento di rivalutazione monetaria e interessi legali per ritardo nella corresponsione del trattamento di fine rapporto.

Il Pretore e la Corte di Appello accoglievano questa domanda. Quanto al pagamento del TFR, avvenuto con ritardo di 45 giorni rispetto alla cessazione del rapporto di lavoro, la Corte di Appello osservava che l'esigenza di attendere la pubblicazione degli indici ISTAT non impedisce il pagamento dell'importo comunque maturato e dovuto, salvo conguaglio per il quale nessuna maggiorazione potrebbe esser richiesta essendo il differimento dovuto al fatto del terzo.

La società datrice di lavoro proponeva ricorso per cassazione affermando che non è prevista una corresponsione del TFR in due distinte quote e d'altro canto il lavoratore ben potrebbe rifiutare un pagamento parziale.

La Suprema Corte ha respinto la doglianza.

Non è giustificato trattenere l'intero importo fino a determinazione di una parte di esso. Vi è la possibilità del datore di lavoro di cautelarsi in ordine alla mora del debitore mediante il pagamento degli accantonamenti rivalutati, con differimento del rateo il cui esatto conteggio è impedito dal ritardo nella pubblicazione dell'ultimo indice ISTAT. Tale limitato differimento è dovuto a fatto del terzo e non può comportare conseguenza veruna per il debitore.

Non è ingiustificato porre a carico del datore di lavoro l'onere di effettuare un duplice conteggio. Il sacrificio del datore di lavoro, consistente nell'effettuazione di un duplice conteggio non è più grave di quello che subirebbe il lavoratore costretto ad attendere il pagamento di un importo frutto di anni di lavoro, sovente già destinato a far fronte a pressanti necessità. La libertà di iniziativa economica, tutelata all'articolo 41 della Costituzione, non piò essere meglio protetta del diritto del lavoratore, anch'esso garantito all'articolo 36 della Costituzione, a conseguire la giusta mercede per l'opera prestata; il contemperamento di tali contrapposte esigenze può avvenire proprio in sede di contrattazione collettiva. Molti contratti prevedono dilazioni per il pagamento del TFR, collegate all'acquisizione dei dati ISTAT mentre quello applicabile al rapporto oggetto della controversia nulla dispone al riguardo.

Il diritto del dipendente a ricevere il TFR sorge, allora, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, sicché il datore di lavoro, in tal caso, non può procrastinarne il pagamento neppure in relazione all'esigenza di determinarne l'importo complessivo sulla base dell'ultimo indice Istat; deve pertanto provvedere al pagamento della parte già determinabile e differire il rateo il cui esatto conteggio è impedito dal ritardo nella pubblicazione dell'ultimo indice Istat.

10 giugno 2020

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