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I permessi retribuiti per il lavoratore portatore di handicap sono riconosciuti senza che la fruizione del beneficio debba essere necessariamente diretta alle esigenze di cura.

Corte di Cassazione, ordinanza 20243 del 2020

La Corte d'Appello di Brescia confermava l’illegittimità di un licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore per abuso dei permessi retribuiti per i lavoratori portatori di handicap previsti dall'articolo 33 comma 6 della Legge 104/1992, avendo il lavoratore portatore di disabilità aumentato i giorni di assenza per finalità estranee a quelle connesse alla cura della sua condizione di invalido. La norma in questione ha ad oggetto le agevolazioni da riconoscere ai soggetti disabili ai fini della piena integrazione nella società e nel mondo del lavoro, soggetti che, nella veste di lavoratori, possono fruire ad ampio spettro di permessi, anche per finalità sganciate da esigenze di cura o di visite mediche.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso per cassazione promosso dalla società.

L’articolo 33 comma 6 della Legge 104/1992 è preordinato a garantire determinati diritti al portatore di handicap grave prevedendo la possibilità di usufruire di permessi, di scegliere una sede di lavoro più vicina al domicilio e di non essere trasferito in altra sede senza il suo consenso.

La tecnica legislativa prevede, con riguardo alla individuazione del tipo di permessi, il rinvio ai commi 2 e 3 della stessa disposizione (nei quali si disciplina il diritto ai permessi giornalieri e mensili dei familiari per prestare assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità): si tratta di provvidenze riconducibili all'articolo 38 della Costituzione in quanto favoriscono un'assistenza sociale mediata, cioè erogata non dallo Stato, ma direttamente dai congiunti del disabile. La tutela ed il sostegno del portatore di handicap sono garantiti, quindi, mediante un significativo ventaglio di agevolazioni, riconducibili alla logica delle prestazioni in servizi che costituiscono un articolato sistema di welfare connesso ai doveri di solidarietà sociale.

L'assistenza del disabile ed il soddisfacimento dell'esigenza di socializzazione costituiscono fondamentali fattori di sviluppo della personalità e idonei strumenti di tutela della salute del portatore di handicap. La finalità perseguita dalla Legge 104/1992 consiste nella tutela della salute psico-fisica del disabile, che costituisce un diritto fondamentale dell'individuo.

Con particolare riguardo alla utilizzazione dei permessi fruiti dai familiari, inoltre, l'assistenza non può essere intesa come mera assistenza personale al soggetto disabile presso la sua abitazione, ma deve necessariamente comprendere lo svolgimento di tutte le attività che il soggetto non sia in condizioni di compiere autonomamente. L'abuso, con rilevanza anche ai fini disciplinari, quindi va a configurarsi solo quando il lavoratore utilizzi i permessi per fini diversi dall'assistenza, da intendere in senso ampio, in favore del familiare.

Se il diritto di fruire dei permessi da parte del familiare si pone in relazione diretta con l'assistenza al disabile, il medesimo diritto riconosciuto al portatore di handicap ha una diversa ratio, cioè quella di garantire alla persona disabile l'assistenza e l'integrazione sociale necessaria a ridurre l'impatto negativo della grave disabilità. L'utilizzo dei permessi da parte del lavoratore portatore di handicap grave è, dunque, finalizzato a agevolare l'integrazione nella famiglia e nella società, che può essere compromessa da ritmi lavorativi che non considerino le condizioni svantaggiate sopportate. La fruizione dei permessi per i lavoratori portatori di handicap non può essere, quindi, vincolata necessariamente allo svolgimento di visite mediche o di altri interventi di cura, ma è preordinata all'obiettivo di ristabilire l'equilibrio fisico e psicologico necessario per godere di un pieno inserimento nella vita familiare e sociale.

L’intento legislativo di perseguire un'effettiva integrazione del portatore di handicap grave spiega il trattamento preferenziale riconosciuto allo stesso rispetto ai familiari.

La Corte d'Appello di Brescia ha correttamente escluso la configurazione di un abuso del diritto nella fruizione dei permessi da parte del lavoratore portatore di handicap grave per finalità non collegate ad esigenze di cura, coerentemente non rilevando una situazione antigiuridica suscettibile di rilievo disciplinare. I permessi previsti dall’articolo 33 comma 6 della Legge 104/1992 sono riconosciuti, infatti, al lavoratore portatore di handicap in ragione della necessità di una più agevole integrazione familiare e sociale, senza che la fruizione del beneficio debba essere necessariamente diretto alle esigenze di cura.

11 novembre 2020

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