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Dipendente comunale licenziato per falsa attestazione in servizio: accoglimento dell’impugnativa e reintegra. Vittoria in Tribunale per lo Studio Legale Carozza.

Tribunale di Nola, sentenza 2358 del 2019.

Un dipendente del Comune di Acerra si è affidato alle cure dell’avvocato Domenico Carozza per proporre ricorso di impugnativa di licenziamento.

Nei confronti del lavoratore era stato attivato il procedimento disciplinare perché gli erano state ascritte diversi ipotesi di reato in sede di processo penale per aver consegnato a terza persona il proprio badge in modo da consentire che fosse passato per la lettura da parte del sistema di rilevamento della presenza, attestando così falsamente la stessa.

La specifica ragione addotta dal datore di lavoro per giustificare il licenziamento risiede nella ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza penale del Tribunale di Nola

La determinazione del Comune poggia decisivamente sulle risultanze del giudizio penale.

Il nostro ordinamento non è più, però, ispirato al principio della unità della giurisdizione e della prevalenza del giudizio penale su quello civile. E’ stato instaurato dal legislatore il diverso sistema della pressoché completa autonomia e separazione dei due giudizi: il processo civile deve proseguire il suo corso senza essere influenzato dal processo penale e il giudice civile deve procedere ad autonomo accertamento dei fatti.

La valutazione, poi, della gravità del comportamento del dipendente ai fini del giudizio sulla legittimità del licenziamento per giusta causa deve esser compiuta tenendo conto dell’incidenza del fatto sul particolare rapporto fiduciario che lega il datore di lavoro al lavoratore, delle esigenze poste dall’organizzazione produttiva e delle finalità delle regole di disciplina postulate da detta organizzazione.

La Pubblica Amministrazione è libera di valutare autonomamente gli atti del processo penale e di ritenere che i medesimi forniscano, senza bisogno di ulteriori acquisizioni ed indagini, sufficienti elementi per la contestazione di illeciti disciplinari al proprio dipendente e che ben può avvalersi dei medesimi atti, in sede d’impugnativa giudiziale, per dimostrare la fondatezza degli addebiti. Salvo, tuttavia, l’onere che incombe sul datore di lavoro di provare la effettiva realizzazione, da parte del lavoratore, delle condotte oggetto di contestazione disciplinare nella eventuale fase di impugnativa giudiziale del licenziamento.

Nel caso affrontato, la circostanza per cui il dipendente non era visibile dalle telecamere al momento della marcatura non può di per sé condurre a ritenere l’assenza, atteso che le telecamere poste all’interno degli uffici comunali avevano un ristretto raggio visivo, limitandosi ad inquadrare gli apparecchi atti alla timbratura delle presenze e non anche lo spazio circostante.

Il fatto che il lavoratore fosse al di fuori dell’inquadratura della telecamera non prova in sé l’assenza dello stesso.

Neppure dall’istruttoria orale svolta è emersa la circostanza dell’assenza dal servizio nelle predette giornate, non avendo i testimoni saputo riferire nulla al riguardo ed avendo piuttosto dichiarato di non avere personalmente constatato l’assenza dell’interessato sul posto di lavoro nei giorni contestati.

Del resto, la presenza sul posto di lavoro in alcuni dei giorni contestati è attestata dalla stessa sentenza penale, in cui si dà atto che dell’avvenuto collegamento del dipendente al sistema informatico comunale.

Per ciò che concerne un’altra delle giornate contestate, si evince l’entrata e la regolare uscita per godere di permessi ex legge 104/1992.

L'addebito mosso consiste chiaramente nella falsa attestazione della presenza in servizio, da non confondere con la condotta consistente nella elusione dei sistemi elettronici di rilevazione della presenza e dell’orario, che il Ccnl Comparto Ministeri sanziona con la sanzione conservativa della sospensione dal servizio con privazione.

La condotta della falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolenta non è sovrapponibile alla condotta di elusione dei sistemi di rilevamento elettronico della presenza e ciò in quanto nel primo caso il dipendente non si limita ad evitare il sistema elettronico di rilevamento della presenza ma pone in essere, anche avvalendosi di terzi, una attività fraudolenta finalizzata a trarre in inganno l’amministrazione circa il rispetto dell’orario di lavoro e l’effettiva presenza in servizio.

Così come non è sovrapponibile la condotta del lavoratore che attesti falsamente la presenza in servizio a quella del lavoratore che eluda i sistemi di rilevamento elettronici della presenza, allo stesso modo non è sovrapponibile la condotta del dipendente che concorra (con comportamento attivo od omissivo) nella prima o nella seconda delle predette differenti fattispecie disciplinari.

Non essendo state dimostrate le circostanze fondanti la giusta causa, il Comune è stato condannato a reintegrare il lavoratore, nonché a risarcire il danno corrispondendo una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento fino alla reintegra.

10 luglio 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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