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Congedo parentale: riposi giornalieri del padre nel caso in cui la madre è casalinga

Consiglio di Stato,  sentenza 4618 del 2014.

Un assistente della Polizia di Stato ricorreva al TAR avverso diniego a fruire dei riposi giornalieri di cui all’articolo 40 del D. Lgs.  151/2001 dal compimento del terzo mese di vita del figlio.
Il rigetto era stato motivato dall’Amministrazione con il fatto che la moglie dell’istante è nella condizione di casalinga laddove le ipotesi contemplate dall’articolo 40 del D. Lgs. 151/2001 prevedono la fruizione dei riposi da parte del padre nel caso di rinuncia della madre lavoratrice.
Il Consiglio di Stato ha rilevato, invece, che, trattandosi di una norma rivolta a dare sostegno alla famiglia, deve valorizzarsi la ratio volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività (come quella di casalinga), che la distolgano dalla cura del neonato.
Secondo la norma il beneficio spetta al padre, nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente. Tale formulazione include tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente: quella della donna che svolga attività lavorativa autonoma, ma anche quella di una donna che non svolga alcuna attività lavorativa o svolga un’attività non retribuita da terzi.
Tale orientamento appare rispettoso del principio della paritetica partecipazione dei coniugi alla cura ed all'educazione della prole.
Proprio perché i compiti esercitati dalla casalinga risultano di considerevole ampiezza, intensità e responsabilità sarebbe incongruo dedurne, secondo il Consiglio di Stato, l’oggettiva possibilità, nel caso della lavoratrice casalinga, di conciliare le impegnative attività di cura del figlio con il lavoro domestico. Il Supremo Collegio ha rilevato che l’attività della casalinga spesso necessita, alla nascita di un figlio, di aiuti esterni, come quello di una collaboratrice familiare, utilmente surrogabili, nel caso delle famiglie mono-reddito, proprio mediante ricorso al godimento dei permessi da parte dell’altro genitore lavoratore dipendente.
I riposi giornalieri hanno anche la funzione di soddisfare i bisogni affettivi e relazionali al fine dell'armonico e sereno sviluppo della personalità del bambino: sarebbe irragionevole ritenere che l’onere di soddisfacimento degli stessi debba ricadere sul solo genitore che viva la già peculiare situazione di lavoro casalingo.
Lo scopo di tutela del minore impone di ritenere che il beneficio costituisca il punto di bilanciamento tra gli obblighi del lavoratore nei confronti del datore di lavoro e gli obblighi discendenti dal diritto di famiglia paritario, che gli impone comunque la cura del minore. Tale beneficio grava sul datore di lavoro dell'uno o dell'altro genitore, ma, allorché uno dei due genitori non se ne avvalga, ben può essere richiesto e fruito dall'altro.
Il Consiglio di Stato ha, dunque, riconosciuto il diritto del lavoratore a fruire dei riposi giornalieri  con decorrenza dal giorno successivo al compimento del terzo mese di vita del figlio.

22/09/2014

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