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Compenso per il servizio di assistenza a domicilio eseguito dall’infermiere.

Corte di Cassazione, sentenza 16425 del 2022.

La Corte di Appello di Napoli rigettava la domanda di un dipendente, con mansioni di infermiere, presso la Divisione di Anestesia e Rianimazione di un Presidio Ospedaliero, di pagamento delle prestazioni eseguite a domicilio presso i pazienti, in esecuzione del programma regolarmente approvato dall'Azienda ospedaliera per l'anno 2004.

La Corte di Appello, attraverso la disamina degli atti datoriali, riteneva che il compenso per le prestazioni di assistenza domiciliare sarebbe spettato solo con riferimento alle prestazioni eseguite al di fuori dell'orario di lavoro, negando così il diritto al compenso del lavoratore, per non essere stata offerta prova dell'effettuazione delle prestazioni fuori dell'orario lavorativo. La Corte di Appello valutava irrilevanti, a tal uopo, i prospetti riepilogativi allegati al fascicolo dall’interessato perché non sottoscritti dal legale rappresentante dell'ente e non idonei all'inversione dell'onere della prova.

Il lavoratore proponeva ricorso per cassazione che è stato respinto dalla Suprema Corte.

La Corte di Appello ha determinato il diniego al diritto dell’interessato al compenso sulla base degli atti adottati dall’Azienda. Il diritto al pagamento delle prestazioni domiciliari sarebbe spettato solo se esse fossero state eseguite fuori dell’orario di lavoro. La Corte di Appello non ha omesso in alcun modo la valutazione di un fatto decisivo ai fini della decisione, atteso che ha dato atto del progetto autorizzato dell'Asl per lo svolgimento di attività di assistenza domiciliare. La Corte di Appello ha, piuttosto, incentrato il rigetto sulla carenza di prova dell'espletamento da parte del lavoratore dell'attività di assistenza al di fuori dell'orario di lavoro.

28 aprile 2023

 

 

 

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