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Caso Foodora: rigettato il ricorso dei fattorini in bicicletta.

Tribunale di Torino, sentenza 778 del 2018

Alcuni collaboratori della società utilizzatrice in Italia del marchio e del sistema Foodora proponevano ricorso deducendo di avere prestato la propria attività lavorativa con mansioni di fattorino in forza di contratti di collaborazione coordinata e continuativa e chiedevano l'accertamento della costituzione di un ordinario rapporto di lavoro subordinato.

La società si costitutiva in giudizio e chiedeva il rigetto delle domande.

Il Tribunale di Torino ha rigettato le domande.

Gli interessati hanno tutti sottoscritto dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa nei quali si è dato atto che il collaboratore agirà in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo di subordinazione, potere gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di presenza o di orario di qualsiasi genere nei confronti della committente.

Il Tribunale ha preso, tuttavia, in considerazione anche le concrete modalità di svolgimento del rapporto.

Dopo avere compilato un formulario sul sito di Foodora, gli interessati venivano convocati per un primo colloquio nel quale veniva loro spiegato che l'attività presupponeva il possesso di una bicicletta e la disponibilità di uno smartphone; in un secondo momento veniva loro proposta la sottoscrizione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e, dietro versamento di una caparra, venivano loro consegnati i dispositivi di sicurezza (casco, maglietta, giubbotto e luci) e l'attrezzatura per il trasporto del cibo (piastra di aggancio e box).

Il contratto era di collaborazione coordinata e continuativa; era previsto che il lavoratore fosse libero di candidarsi o non candidarsi per una specifica corsa; il lavoratore si impegnava ad eseguire le consegne avvalendosi di una propria bicicletta; era previsto che il collaboratore avrebbe agito in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo di subordinazione, potere gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di presenza o di orario di qualsiasi genere nei confronti della committente, ma era tuttavia fatto salvo il necessario coordinamento generale con l'attività della committente; era prevista la possibilità di recedere liberamente dal contratto ; il lavoratore, una volta candidatosi per una corsa, si impegnava ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall'orario indicato per il ritiro del cibo, pena applicazione di una penale; il compenso era stabilito per ciascuna ora di disponibilità; il collaboratore doveva provvedere ad inoltrare all'INPS domanda di iscrizione alla gestione separata; la committente doveva provvedere all'iscrizione del collaboratore all'INAIL; la committente doveva affidare al collaboratore in comodato gratuito un casco da ciclista, un giubbotto e un bauletto dotato dei segni distintivi dell'azienda a fronte di un versamento di una cauzione.

La gestione del rapporto avveniva attraverso una piattaforma multimediale e un applicativo per smartphone.

L'azienda pubblicava settimanalmente l’indicazione del numero di rider necessari per coprire ciascun turno.

Ciascun rider poteva dare la propria disponibilità, ma non era obbligato a farlo.

Raccolte le disponibilità, il responsabile della flotta confermava tramite piattaforma ai singoli rider l'assegnazione del turno.

Ricevuta la conferma del turno, il lavoratore doveva recarsi all'orario di inizio del turno in una delle tre zone di partenza predefinite, attivare l'applicativo inserendo le credenziali per effettuare l'accesso e avviare la geo-localizzazione.

Il rider riceveva quindi sulla app la notifica dell'ordine con l'indicazione dell'indirizzo del ristorante.

Accettato l'ordine, il rider doveva recarsi con la propria bicicletta al ristorante, prendere in consegna i prodotti, controllarne la corrispondenza con l'ordine e comunicare tramite l'apposito comando della app il buon esito della verifica.

A questo punto, posizionato il cibo nel box, il rider doveva provvedere a consegnarlo al cliente, il cui indirizzo gli era stato nel frattempo comunicato tramite la app; doveva quindi confermare di avere regolarmente effettuato la consegna.

Sono innumerevoli le sentenze che si sono· occupate della distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, ma il criterio principale elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione è quello secondo cui costituisce requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato, ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo, il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall'emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative.

Ci sono poi altri criteri che hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria come quelli relativi all'osservanza di un determinato orario, all'inserimento della prestazione nell'organizzazione aziendale, all'assenza di rischio per il lavoratore o alla forma della retribuzione.

Il rapporto di lavoro intercorso tra le parti era caratterizzato dal fatto che i collaboratori non avevano l'obbligo di effettuare la prestazione lavorativa e il datore di lavoro non aveva l'obbligo di riceverla.

I rider potevano dare la propria disponibilità per uno dei turni indicati da Foodora, ma non erano obbligati a farlo; a sua volta Foodora poteva accettare la disponibilità data dai collaboratori e inserirli nei turni da loro richiesti, ma poteva anche non farlo.

Questa caratteristica del rapporto può essere determinante ai fini di escludere la sottoposizione al potere direttivo e organizzativo: se il datore di lavoro non può pretendere lo svolgimento della prestazione lavorativa non può neppure esercitare il potere direttivo e organizzativo.

Si tratta di un profilo che era stato già messo in rilievo dalla Corte di Cassazione tanti anni fa, quando si era pronunciata in merito a una vicenda che presentava una certa analogia con quella attuale perché riguardava la consegna di plichi effettuata da lavoratori qualificati come autonomi: la Corte aveva allora affermato che proprio la non obbligatorietà della prestazione lavorativa escludeva in radice la subordinazione.

Il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro discende dall'emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative.

La determinazione del luogo e dell'orario di lavoro non veniva imposta unilateralmente da Foodora che si limitava a pubblicare con l’applicativo i turni di lavoro; i collaboratori avevano la piena libertà di dare o meno la propria disponibilità per uno dei turni indicati dall'azienda.

La verifica della presenza dei rider nei punti di partenza e dell'attivazione del loro profilo sull'applicazione rientra a pieno titolo nell'ambito del coordinamento: Foodora aveva la necessità di sapere su quanti rider poteva effettivamente contare per le consegne.

I contratti sottoscritti prevedevano la corresponsione di un compenso orario: i ricorrenti erano tenuti a fare le consegne comunicate nelle ore per le quali ricevevano il compenso.

Dalle testimonianze è risultato che se c'era qualche problema i rider potevano chiamare il centralino e spiegare il motivo per cui non potevano fare l'ordine: si tratta di un problema di coordinamento (e non di subordinazione) perché l'azienda ha la necessità di effettuare le consegne in un ristretto periodo di tempo per venire incontro alle esigenze del cliente e deve pertanto sapere se il rider accetta o meno l'ordine per provvedere eventualmente ad assegnare l'ordine a qualcun altro.

E' poi provato che i collaboratori fossero liberi di scegliersi il percorso.

I fattorini potevano ricevere delle telefonate di sollecito durante l'effettuazione della consegna perché il sistema consentiva di vedere dove si trovava il rider in un determinato momento e di verificare quindi se era in ritardo. Ma una telefonata di sollecito non può essere certo considerata l'emanazione di un ordine specifico né può costituire esercizio di una assidua attività di vigilanza controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative, mentre rientra a pieno titolo nelle esigenze di coordinamento dettate dalla necessità di rispetto dei tempi di consegna.

Né si può parlare di un costante monitoraggio della prestazione perché il sistema consentiva soltanto di fotografare la posizione del rider in maniera statica e non di seguirne l'intero percorso in modo dinamico.

I collaboratori potevano revocare la loro disponibilità su un turno già confermato e potevano anche non presentarsi a rendere la prestazione senza alcuna comunicazione preventiva. Non è risultato che in tali ipotesi l'azienda adottasse delle sanzioni disciplinari.

Gli interessati hanno sostenuto che che l'esclusione dalla chat aziendale o dai turni di lavoro sarebbe avvenuta anche soltanto per sanzionare insubordinazioni o lamentele o comunque comportamenti non graditi all'azienda.

Le prove testimoniali non hanno confermato l'esistenza di questo tipo di provvedimenti, ma soltanto la predisposizione per un limitato periodo di tempo di una classifica per premiare i più meritevoli.

L’esclusione temporanea o definitiva dalla chat aziendale o dai turni di lavoro non possono costituire una sanzione disciplinare. Le sanzioni disciplinari applicate ai lavoratori subordinati hanno come caratteristica comune quella di privare in via temporanea o definitiva i lavoratori dei loro diritti. I collaboratori potevano dare la loro disponibilità per un determinato turno, ma l'azienda era libera di non accettare la loro disponibilità e di non chiamarli. L'esclusione dalla chat aziendale o dai turni di lavoro non può quindi essere considerata una sanzione disciplinare perché non priva i lavoratori di un loro diritto: i medesimi non avevano infatti diritto né ad essere inseriti nella chat aziendale, né ad essere inseriti nei turni di lavoro.

Il Tribunale ha, dunque, respinto la domanda di accertamento di un rapporto di lavoro subordinato e la relativa richiesta di corresponsione delle differenze retributive.

12 maggio 2018

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