Articolo

Assicurazione Sociale per l’Impiego e licenziamento disciplinare

Ministero del Lavoro,  Interpello n. 29/2013

Il Ministero del Lavoro ha espresso il proprio avviso in merito alla possibilità che si configuri il diritto del lavoratore a percepire l’ASPI, e il conseguente obbligo del datore di lavoro di versare il contributo di finanziamento, nell’ipotesi di licenziamento disciplinare per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa.
La legge 92/2012 ha introdotto l’Assicurazione Sociale per l’Impiego, con l’intento di fornire un’indennità di disoccupazione ai lavoratori colpiti da disoccupazione involontaria, nonché un contributo a carico del datore di lavoro per i casi di interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, dovuto nelle stesse ipotesi che darebbero diritto all’ASPI.
Le cause di esclusione dall’ASPI e del contributo a carico del datore di lavoro sono tassative e riguardano i casi di dimissioni (con l’eccezione delle dimissioni per giusta causa, ovvero delle dimissioni intervenute durante il periodo di maternità tutelato dalla legge) e di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Il Ministero del lavoro sostiene, dunque, che l’indennità di Assicurazione Sociale per l’Impiego debba essere corrisposta in ipotesi di licenziamento disciplinare, così come del resto ha inteso chiarire l'INPS, il quale è intervenuto con numerose circolari per disciplinare espressamente le ipotesi di esclusione della corresponsione dell’indennità e del contributo in parola senza trattare l’ipotesi del licenziamento disciplinare.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 405/2001, aveva statuito in merito all’opportunità che, in caso di licenziamento disciplinare, venisse corrisposta l’indennità di maternità, sostenendo che una sua esclusione integrasse una violazione degli articoli 31 e 37 della Costituzione, in quanto alla protezione della maternità andava attribuito un rilievo superiore rispetto alla ragione del licenziamento, trovando già “il fatto che ha dato causa al licenziamento (…) comunque in esso efficace sanzione”.
Secondo il Ministero del lavoro il licenziamento disciplinare può essere considerato un’adeguata risposta dell’ordinamento al comportamento del lavoratore e, pertanto, negare la corresponsione della ASPI costituirebbe un’ulteriore reazione sanzionatoria nei suoi confronti.
Il licenziamento disciplinare non può essere qualificato come disoccupazione “volontaria”. La sanzione del licenziamento quale conseguenza di una condotta posta in essere dal lavoratore non è “automatica”. Il provvedimento sanzionatorio può, inoltre, anche essere impugnato. Risulterebbe iniquo negare la protezione assicurata dall’ASPI nell’ipotesi in cui il giudice del lavoro dovesse successivamente ritenere illegittimo il licenziamento impugnato.
In caso di licenziamento disciplinare dovrebbe essere pagato, dunque, anche il contributo a carico del datore di lavoro previsto dalle legge 92/2012, in quanto lo stesso è obbligatorio “per le causali che, indipendente dal requisito contributivo, darebbero diritto all’ASPI”.

 

Condividi questo articolo: